27 luglio 2010

Quelli della maschera.... teatrale?

Sarò breve, come al mio solito.
Abbiamo un nome che dalla nascita ci identifica purtroppo non univocamente, viviamo una vita che dovrebbe essere diversa , o meglio, potrebbe esser diversa da quelle dei nostri simili, eppure spesso questo non rispecchia la realtà dei fatti.
Acquistiamo prodotti in serie, che in una qualche maniera ci portano ad assomigliarci tutti, nei gusti , negli usi e costumi quotidiani. Tutto ciò che ci circonda tende inevitabilmente ad accomunarci, a renderci simili, ad uniformarci per ciò che facciamo, indossiamo, possediamo, togliendoci quasi ogni possibilità di mettere in mostra le nostre reali qualità.
In questo mare di mediocrità ed uguaglianza abbiamo praticamente solo noi stessi per distinguerci, il nostro pensiero, il nostro carattere, il nostro modo di ragionare ed affrontare la vita: per quanto poco possa sembrare questo sarebbe sufficiente per renderci unici al mondo, almeno in qualche sfumatura interiore. Eppure anche questo non vien fatto, tant'è vero che guardandomi intorno vedo solo un'enormità di maschere, appariscenti, pacchiane, sbruffone, intelligenti, perspicaci, loquaci.... caratteristiche, interessanti, affascinanti, ammalianti, maschere di qualità, maschere.
Una maschera è un modo di apparire, è un io costruito non secondo ciò che siamo ma secondo ciò che gli altri vogliono vedere e che noi, per sicurezza personale, per apparire, per farci ben volere, cerchiamo di assecondare, avvicinare, raggiungere. Ma si tratta pur sempre di un io costruito a tavolino, studiato, non rappresentante veritiero di noi stessi, non sempre almeno.
E' questo fenomeno della "maschera" che davvero non sopporto. Ci son stati grandi scrittori del passato (uno su tutti il maestro Pirandello nel suo massimo capolavoro "uno nessuno centomila") che hanno affrontato la questione dal punto di vista individuale, personale, cercando di rapportarsi in prima persona tramite un personaggio inventato e forse maschera lui pure di noi stessi che tenta di comprendere il mondo che lo circonda, le persone che lo circondano, i loro comportamenti, i loro gesti, i loro pensieri, le loro paure, le loro convinzioni.
Nell'opera massima pirandelliana il protagonista ipotizza l'esistenza di più maschere di se stesso, di più io appartenenti ad ogni persona che lo attornia e che lo vede, giocoforza, secondo le sue idee, i suoi principi, le sue convinzioni. Nel susseguirsi di eventi quotidiani si arriva alla conclusione che ognuno conosce il protagonista secondo quelle che sono le sue idee, arrivando a vedere in lui una persona diversa, una persona che non gli appartiene realmente ma che ai nostri occhi sembra reale. Quando chi lo circonda si accorge che la "maschera" costruita non corrisponde alla realtà, s'inorridisce e da la colpa al protagonista, reo di esser cambiato col tempo: queste persone non si rendono conto che il protagonista non è affatto cambiato, è la loro visione di lui che è crollata sotto i colpi dell'invadente realtà, e per questo motivo percepiscono un senso di tradimento che non li abbandonerà mai.
Traendo spunto da tutto ciò, aggiungo che a mio modo di vedere la maggior parte di noi ha una propria maschera, al giorno d'oggi, atta a compiacere chi ci circonda nel nemmeno troppo velato tentativo di distinguersi per meriti che probabilmente neanche ci appartengono.
Questo aspetto è forse il più triste da constatare perchè, diciamolo chiaramente, finchè non te ne accorgi vivi bene, probabilmente tu stesso uniformandoti a ciò che gli altri desiderano da te hai una vita apparentemente tranquilla e soddisfacente, ma se e quando dovessi mai accorgerti di avere addosso una maschera che non ti appartiene, che non ti rappresenta e dunque non ti realizza veramente, allora vedrai veramente il buio, il puro e semplice oblio.
Rendersi conto da un momento all'altro (come sempre più spesso accade col passare degli anni e delle esperienze) di essere circondati da persone che non sono realmente loro, e peggio ancora comprendere di esser noi stessi i primi a fingere, è quanto di più deprimente si possa vivere, una sensazione di disagio e di non appartenenza all'ambiente che ci circonda che ti farà sprofondare negli abissi più cupi ed angusti che mente umana sia in grado di generare.
Questo momento di massima difficoltà può però essere anche l'occasione della propria rinascita, dal momento che solo a questo punto avremo forse davvero il coraggio, la forza, la voglia, il desiderio di mostrarci per ciò che saremo e sentirci fieri a prescindere da giudizi, commenti, pensieri: semplicemente perchè ci renderemo forse conto che ad esser noi stessi ci sentiremo bene, soddisfatti, realizzati. Alle volte si pensa di dover fare chissà cosa per sentirsi cosi sereni con noi stessi, e non ci rendiamo conto di quanto poco ci voglia... basterebbe aprire gli occhi, accettare l'idea di appartenere ad una società che il più delle volte non ci rispecchia, e perseguire quelli che sono i nostri veri ideali, le nostre vere convinzioni, i nostri veri sogni.

Ed allora, trattandosi di commedia umana quella che tutti i giorni viviamo, sarebbe così insensato parlar di maschera teatrale? Una maschera sfruttata per quella vita considerata uno spettacolo nel quale è molto più importante apparire che essere, fingere che esser se stessi, vivere nella finzione ed evitare i problemi piuttosto che vivere nella realtà ed affrontarli?
E' puro spettacolo, pura finzione, puro intrattenimento per gli spettatori della nostra vita, che applaudono soddisfatti alla messa in scena tanto attesa, tanto desiderata, tanto agognata.
Non riuscite a comprendere tutto questo?
Non posso certo farvene una colpa. Fate così: Indossate pure la maschera adatta, un nuovo spettacolo stà per cominciare


Andrea Bidin

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