In questo caso ènecessaria un’introduzione al racconto da parte del sottoscritto.
Andrò a toccare,con “La cosa sulla soglia” argomenti forti, soggetti a forte morale religiosa econdizionamenti sociali, dunque potrei quasi definirlo un racconto “scottante”,per chi non è abituato a mettere in dubbio le proprie convinzioni e / ocertezze.
Detto questo, èevidente che quest’opera riflette in parte i pensieri dell’autore, e qualunquestrumentalizzazione della stessa è da considerarsi futile quanto fuori luogo.
Io racconto unastoria, basandola su quelle che sono le mie sensazioni, le mie opinioni, la miafantasia.
Chi volesseelogiarmi o criticarmi è libero di farlo. Ma non consideratemi ne un punto diriferimento, ne un nemico, in entrambi i casi non trovereste nulla di fronte avoi.
Sonosemplicemente uno scrittore, che segue l’estro e l’ispirazione per creare mondiimmaginari, che vi “obblighino” a ragionare. E’ sempre stato il mio fineultimo.
Non ho altro daaggiungere. Aprite la mente, e leggete questo racconto con gusto.
Ne varrà la pena,credetemi.
Andrea Bidin
LA SAGRA DEI BUONI PROPOSITI
Jingle iniziale
Voce fuori campo: Antonino Moffetta presenta…. Rullo di tamburi…
LA COSA SULLA SOGLIA
Jingleintroduttivo, il presentatore entra in scena tra gli applausi del pubblico
Grazie, Grazie, troppo buoni!
Ancora grazie!
Il presentatore,dopo aver fatto una serie d’inchini di gratitudine, indica con la mano alpubblico di fermare l’applauso
Benvenuti nel nulla cari telespettatori!
Quella che oggi andremo ad illustrare è una storia pregna d’ipocrisia, dolore,sofferenza, inquietudine e moralità spicciola, insomma una di quelle storie chepiacciono tanto al sottoscritto!
Il pubblicoapplaude divertito dalla inaspettata battuta
Ebbene si! Lo sapete bene, in genere affrontiamo storie di vitaquotidiana che in qualche modo si distinguono dalla cosiddetta “normalità”.
Ma oggi vi sorprenderemo! Oggi analizzeremo in studio le vicende.. delsottoscritto!
Il pubblicoammutolisce, emettendo un oooh attonito
Avete capito bene cari amici! Questa sera andremo a studiare il miocaso! Ve ne renderò partecipi!
Ma prima, come di consueto, facciamo un bell’applauso agli opinionistiin studio!
Applausiscroscianti per alcuni dei soggetti più in mostra negli ultimi tempi, sacriopinionisti della morale e del giudizio sociale
Perfetto, a questo punto direi che non è il caso di perdere altrotempo. Per cui bando alle ciance, diamo il via alla trasmissione del video!
L’applauso delpubblico introduce il video, che verrà narrato in prima persona, dalprotagonista della storia, in questo caso il presentatore stesso.
Il caldo tepore delle coperte abituate al mio calore corporeo è unamanna dal cielo. Quando fanno il cambio delle lenzuola è sempre un trauma,vorrei alzarmi e poter aspettare che le nuove fodere si scaldino, ma non hopurtroppo questa fortuna.
In genere, in questa stanza d’ospedale, difficilmente rimango solo. Viè sempre presente o mia moglie o qualcuno dei miei parenti, che a turno vengonoa trovarmi e darmi conforto.
Sono molto cari, percepisco tutto l’affetto che provano per me: se solopotessi dimostrargliene altrettanto..
Ma perdonate la mia maleducazione, non mi sono ancora presentato.
Mi chiamo Antonino Molfetta, ma potrete tranquillamente chiamarmi Antò,e sono un vegetale.
Si, avete capito bene. Non possiedo la bellezza dei fiori, ne l’utilitàdi un qualsiasi alimento, ma sono comunque considerato un vegetale dallasocietà in cui vivo.
Vorreste comprenderne il motivo? E’ presto detto.
Ormai tanto tempo fa (o almeno credo, credo di aver perso al cognizionedel tempo) ho avuto un brutto incidente in moto. Prendendo una curva a velocitàtroppo elevata, la ruota posteriore ha perso aderenza facendomi fare untestacoda violentissimo, che mi ha fatto sbattere con vigore contro lacancellata di una villa adiacente la strada. Nel colpo mi son rotto la spinadorsale ed ho subito gravi danni al cervello, tant’è vero che ora mi ritrovo inun letto d’ospedale, alimentato tramite flebo, non in grado di muovere alcunarto.
L’unica cosa che posso ancora comandare, oltre agli occhi, è la miamente, che può viaggiare, sognare, fantasticare, colloquiare con se stessa, èla mia mente. Ormai l’unica entità in grado di comprendermi.
E, devo ammetterlo, dopo sei anni è stanca, avrebbe bisogno di una vacanza, dirilassarsi, di staccare la spina per recuperare dal superlavoro cui lacostringo ormai da anni.
I primi tempi neanche me li ricordo sinceramente, nella mia mente c’èsolo il buio che obnubila ogni tipo di rimembranza. Quando mi son risvegliato eson riuscito fortunatamente ad attivare il senso della vista, tutto ciò che son riuscito a vedere è statoquesta stanza d’ospedale ed i miei parenti, mia moglie, i miei amici che mi sonvenuti a trovare, suppongo, per giorni e giorni.
Ricordo ancora il senso d’angoscia che provai quando mi resi conto dinon riuscire a sentire nulla di ciò che dicevano. Li vedevo parlare, le lorobocche si muovevano asincronamente l’una con l’altra, come a testimoniare lapresenza di un dialogo appassionato.
Mi accarezzavano il viso, la testa, si confidavano con me.
Ed io non li sentivo.
Ero un vegetale, inerme di fronte al proprio destino.
Ricordo ancora la prima volta che ho visto piangere mia moglie al mio capezzale,quanto avrei voluto poterla abbracciare, consolare, confortare, farle capire chetutto ciò che provava lo comprendevo tranquillamente, e che non volevo soffrissea causa mia.
Ma non potevo. Non sentivo. Dovevo interpretare i suoi comportamenti, esperare che potesse leggermi nel pensiero.
Il potere illusorio dei sogni.
La mia fortuna è che mi ricordo l’incidente.
Vogliamo chiamarla fortuna? Ricordarsi del proprio aguzzino, che poison io stesso, è piacevole? Vi assicuro che non è così, il senso di colpa chemi attanaglia non mi permette di viverla come una qualche forma di fortuna.
Ad ogni modo ultimamente vedo facce un po’ più distese intorno a me,sarà perché è ormai passato molto tempo e magari se ne son fatti una ragione,non saprei dirvi con certezza sinceramente.
Forse han semplicemente cessato di sperare, e mi accettano per comesono.
Spero non si tratti di una pia illusione, francamente.
Col passare inesorabile del tempo vedo mia moglie sempre più stanca esciupata. Immagino che, non potendo più contare sul mio reddito e dovendosostenere oltretutto le spese per le cure, stia facendo un doppio lavoro oqualcosa del genere. Non deve essere facile per lei, gestire se stessa e nostrofiglio.
Nostro figlio.
Stà crescendo a vista d’occhio.
L’amore che provo per lui è qualcosa d’indescrivibile, potessistrapparmi il cuore e donarglielo solo per fargli capire quanto gli vogliobene, lo farei senz’ombra di dubbio.
Mio figlio.
Mia moglie.
Chissà, magari ora avrà qualcun altro. Certo, non posso dir di esserecontento per me, che la amo alla follia, ma per lei si. Si merita di esserfelice, di ricevere un minimo di serenità. Quella serenità che non posso piùoffrirgli, mio malgrado.
Un giorno l’ho vista entrare con un mazzo di fiori, me lo ha messo nelvaso sul comodino al mio fianco, ma ha volutamente nascosto il biglietto che viera riposto all’interno.
Era evidente, quei fiori non erano per me.
Quanto dolore ero costretto provare nella mia mente, quanto dispiacere.Quanta assurda gelosia.
Quanti sensi di colpa.
Se non avessi corso in quella maniera sulla moto, quel giorno.
Se avessi allacciato il casco.
Se l’asfalto fosse stato asciutto.
Se avessi piegato di meno.
Se.
Con i se non si va da nessuna parte, credo di incarnarne l’esempiovivente.
E quanto mi annoio.
So che non potete capirmi, ma lo penso e vorrei tanto dirvelo.
Mi annoio da morire!
Vorrei uscire da questo posto, muovermi, vivere la vita: sento dentrodi me una carica vitale incredibilmente florida, e non ho alcun modo persoddisfarla, per darle sfogo.
E’ terribile, mi sento legato, immobile, impotente.
Che poi è quel che sono. Ma alle volte mi piace non ricordarlo,fantasticare, illudermi di poter ancora fare ciò che un tempo rappresentava lamia quotidianità.
Andare a lavorare.
Dormire.
Mangiare.
Divertirmi con la mia famiglia.
Far l’amore con mia moglie.
Andare allo stadio.
Leggere.
Leggere! Quanto mi manca leggere, mio dio! Fantasticare ed immaginaremondi impensabili ed avventure mozzafiato, farmi rapire da parole ricche difascino e significati intrinsechi, lasciarmi ammaliare dal fruscio delle pagineportatrici di sogni. Fantastici sogni.
Adoravo leggere. Ogni tanto mi mettevo anche a scrivere: chissà se hantrovato le mie piccole opere, che tenevo nascoste nel cassetto della scrivania:probabilmente le avranno buttate senza neanche leggerle, come se fosse statacomune cartaccia destinata al macero.
Pazienza, in fondo non erano opere così importanti.
….
Il tempo passa. Me ne accorgo dall’avvicendarsi del giorno con lanotte, del sole con la pioggia, delle stagioni. Lo capisco vedendo il diversoabbigliamento che, giorno dopo giorno, coloro che vengono a visitarmiindossano. Mi sembra ieri quando guardavo mia moglie in maglietta: quest’oggiindossa un maglioncino dolcevita di color rosso. Sensuale. Affascinante. E’ lafemminilità fatta persona.
E la amo ora più di ieri.
Una volta in televisione ho sentito dire che certi affetti, certesensazioni aumentano d’intensità nei momenti di difficoltà. E’ proprio vero:non posso toccarla, stringerla vicino a me, viverla! E la amo più di prima,ogni giorno di più. Anche se non è probabilmente neanche più mia. Anche semagari viene a trovarmi spinta solo dall’affetto e dal senso del dovere.
Oddio, che brutto pensiero ho fatto.
Ma potrebbe benissimo essere la verità.
E la mia mente è stanca, non ha voglia di approfondire il discorso, diaddentrarsi in queste elucubrazioni.
……
Oggi mi è venuta a visitare mia madre. Fino a qualche tempo fa venivaassieme a mio padre, ora non più.
Spero vivamente si siano semplicemente lasciati, non potrei sopportarel’idea che mio padre non ci sia più.
Comunque è sempre più vecchia nell’aspetto e nei coportamenti: vorreiprenderla in giro e strapparle un sorriso, cerco di comunicare con lei tramite gliocchi ma è una battaglia persa purtroppo.
Si. E’ una battaglia persa. Questi occhi che nessuno può comprendere sisforzano di farsi portavoce dei miei pensieri, ma è praticamente inutile.
E’ fatica sprecata. Una sensazione d’impotenza veramente difficile da accettare.
……
L’altro giorno c’era la televisione della mia stanza d’ospedale accesasul telegiornale nazionale, han mandato in onda un servizio in cui si vedevanoimmagini di una persona in ospedale. Credo fosse nelle mie stesse condizioni:quantomeno era in coma, dal momento che lo hanno sempre mostrato immobile e congli occhi chiusi, mentre i famigliari erano al suo capezzale con i fazzolettibagnati tra le mani.
Piangevano, urlavano, l’espressione di dolore sui loro volti eraevidente.
Ma francamente non credo fosse morto, quel loro.. parente?. Almeno daquanto ho potuto vedere, non credo. L’espressione di quelle persone non mi davaquell’impressione.
E da quando son qui bloccato ho imparato ad analizzare con attenzioneogni singola smorfia, ogni particolare gesto. Certo, non so e probabilmente nonsaprò mai se questi miei ragionamenti rappresentano effettivamente la realtàche mi circonda. Non ho modo di verificarne la veridicità.
Sicuramente rappresentano la verità in quella che è giocoforza nellamia nuova realtà.
Ed ho imparato a farmela bastare.
…….
Oramai non ne posso più.
Sono esausto e terribilmente frustrato da questa situazione.
Dormire non mi basta, è la mente che ha esaurito le energie, tutte le energie.Lo ripeto da mesi ormai, dentro di me.
E’ l’unica cosa pressante che ogni giorno mi fa pensare.
E questo è controproducente.
Chissà, magari il delirio cui son destinato mi salverà da questi millepensieri, che comportano mille preoccupazioni, che comportano mille ansie, checomportano mille motivi per sentirsi perennemente in colpa.
…….
Già.
Mi sento in colpa, terribilmente in colpa. Non voglio che la gente sipreoccupi per me. Non più.
Vorrei soltanto andarmene, sono stanco io come presumo possano esserlo loro.
Lo so, ne sono perfettamente consapevole. Eppure vedo solo dottori checontinuano a mantenermi in vita cibandomi tramite flebo.
Non fanno altro.
Non mi danno nulla di particolare, non mi iniettano nulla di strano,che abbia un colore che richiami un qualche medicinale, nulla.
Solo cibo.
O almeno credo.
Che odio provo verso di loro, li odio tutti!
…….
Passò un altro mese, era ormai inverno. Fuori dalla finestra enormifiocchi di neve sbattevano contro le vetrate sospinti dal vento.
Mia moglie non veniva più a trovarmi tutti i giorni.
E non so da quanto tempo non vedo più mio figlio.
Che si siano stancati di me? O più semplicemente che non reggano più lanuova vita che son costretti ad affrontare?
Forse non la sopportano. Non più. Devo far qualcosa.
Dovrei fare qualcosa.
Vorrei fare qualcosa.
In realtà non posso fare nulla.
Ormai spero solo di morire.
Ci ho pensato spesso ultimamente, quasi tutti i giorni oserei dire.
Certo, so benissimo quante persone inorridirebbero se venissero aconoscenza di questo mio macabro ma giustificato desidero.
Non ci vedo nulla di male.
Cosa c’è di strano nel desiderare morte, in questa situazione? Quandola vita ti volta le spalle e ti senti come un ingombro per lei?
In fondo la morte è dietro l’angolo, nella mia situazione non èsoltanto possibile, è incombente. I medici la tenevano a debita distanzatramite semplici macchine. Ma era li, dietro le mie spalle. Sentivo la freddalama della sua falce poggiata sul mio collo immobile, in attesa di colpire, disferrare il colpo di grazia.
La morte viveva affianco a me, era frenata dalla sola prudenza, dalsolo voler continuare a mantenere una situazione senza speranza di miglioramento.Preservare lo stallo.
O forse potrebbe esserci un margine di miglioramento?
Non saprei, ma a questo punto non mi interessa.
La prudenza encomiabile del non voler creare sofferenza a chi mi vuolbene non mi interessa più.
Perché la morte , da come la vedo io, non porterebbe più dolore, bensìlo farebbe diradare fino a farlo scomparire.
Andando via, rimuovendo dalle vite deimiei cari l’ingombrante presenza di un uomo ormai inutile, bisognoso di cure edattenzioni, provocherò probabilmente degli attimi di sofferenza ed angoscialancinanti, che però col tempo passeranno, verranno mitigati dall’abitudine delnon avermi più affianco, dalla possibilità di ricominciare nuove gioiose vite.Il tempo, son sicuro, li aiuterebbe ad accettare questa mia decisione, ariportargli la serenità nel cuore.
Nei loro cuori. Il mio non fa testo.
Ma non potendo esprimermi, non potendo esternare questo mio vitaledesiderio, nulla cambiava. L’agonia mia e di chi mi stava intorno era destinataa continuare ancora. Ed ancora.
Non c’erano soluzioni concrete. Lo sconforto regnava sovrano nella miamente.
Ero inerme nelle mani di queste persone.
Non potevo più strappare nemmeno un sorriso ai miei cari.
Semplicemente non potevo più far ciò che volevo della mia vita.
Ero solo.
Purtroppo me n’ero reso realmente conto solo ora, in seguito a tuttiquesti ragionamenti.
Era finita.
La mia vita non aveva più alcun senso.
Una voce fuoricampo spiega, accompagnata da una struggente canzone classica, che Antonino èmorto pochi giorni dopo a causa di un’insufficienza cardiaca.
…………
Bentornati in onda cari telespettatori.
Avete visto che video toccante? L’esserne assoluto protagonista non puòche rendermi orgoglioso!
Applausi a scenaaperta, ed anche qualche mugugno, accompagnarono quella mia forte affermazione
Non ne avranno a male i critici presenti qui in studio se , per questasera, non gli darò la possibilità di parlare, di commentare, di giudicare.
Quelle immagini non possono esser commentate. Bisogna solo rispettareil desiderio di quell’uomo.
Il mio desiderio.
Per cui, andando contro tutto ciò che fa audience, ho deciso diterminare in anticipo questa puntata serale di “La cosa sulla soglia”!
Vi ringrazio dell’attenzione. Alla prossima puntata!
Il pubblico ed icritici presenti in studio, increduli, lasciano lo studio in parziale silenzio.
Il conduttore,una volta spenti i fari che illuminavano la scena, si siede su una delletribune e chiude gli occhi, addormentandosi.
……………..
Percepii la luce del mattino sulle palpebre degli occhi, che apriipochi secondi dopo.
Non riuscivo a capire, dov’era lo studio, il nulla? Ero ancora nellastanza d’ospedale, ed un medico era al mio fianco accanto a mia madre.
Ero in confusione e solo dopo qualche minuto riuscii a far chiarezzadentro la mia mente obnubilata da quelle immagini.
Avevo sognato, non ero morto.
Ero ancora in vita, i miei cari venivano ancora a trovarmi.
Nulla era cambiato, e non me ne stupivo.
Nulla era cessato, e me ne addoloravo.
Allora chiusi semplicemente gli occhi.
Ed il mio cuore si mise a piangere lacrime di vita.
Andrea Bidin
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lo staff di laveritafamale ti ringrazia infinitamente per il tempo concessogli